venerdì 15 aprile 2022

L’integrazione a Milano è iniziata dalle donne

Il ricordo-rivelazione è emerso durante “Continenti milanesi” un incontro, dal tono leggero, che ha visto il confronto tra quattro comunità straniere, con la partecipazione dell’amministrazione comunale.

Sicuramente l’immigrazione non era solo di donne, però era con le donne che si riusciva a iniziare una relazione, perché seguivano i figli a scuola, la parte sanitaria e la ricerca di informazioni sul funzionamento della città”.

Con queste parole ha esordito Diana De Marchi, presidente della commissione Pari opportunità e Diritti civili del Comune di Milano, che ha raccontato la situazione nel suo quartiere, il quadrilatero di San Siro, ai tempi delle prime migrazioni. 



Ricordo diverse iniziative fatte per portare queste donne verso l’autonomia. Come al solito si partiva dalla cucina, ma c’erano anche i laboratori sartoriali e tante attività pratiche che si potessero condividere – ha ricordato la consigliera - Lo scopo non era solo quello di imparare qualcosa di utile, ma anche di stare insieme e parlarsi. C'era bisogno di creare un rapporto. È una cosa a cui si è prestata molta attenzione all’inizio, poi si è un po' persa. Oggi la situazione è completamente diversa, perché queste persone oggi non sono più nuove nei nostri quartieri, ma al tempo stesso non riescono ancora a sentirsi pienamente cittadini e cittadine, quindi vivono una sorta di spaesamento. Da qui nasce la necessità fortissima di confrontarsi su un nuovo modo di stare nella nostra città e nel nostro Paese”.

A sostenere l’idea che Milano, città storicamente accogliente, debba oggi trovare nuovi modi per lavorare sull’inclusione è anche Filippo Barberis, capogruppo Pd in Consiglio Comunale: “Milano è una delle città più ricche di comunità straniere, ce ne sono più di 150. Ciò rappresenta una ricchezza per l'Amministrazione comunale, sia per quanto riguarda le relazioni con i Paesi di origine, che da un punto di vista culturale. Tutti gli studi recenti sullo sviluppo delle città hanno dimostrato, infatti, come la diversità culturale, che convive all'interno degli ecosistemi urbani, sia un elemento essenziale per l'innovazione e la crescita economica”.


Abbiamo poi una serie di infrastrutture legate al mondo dei cittadini con origine straniera – ha proseguito Barberis – Da un lato c'è la parte istituzionale dei Consolati e quella delle associazioni, che sono tantissime. Quando abbiamo costruito il Forum Città-mondo l'indirizzario traguardava le 700 associazioni e sicuramente ne mancava qualcuna. Ci sono poi i rapporti economici che sono rappresentati dalle Camere di commercio internazionali e infine le chiese. Quindi il punto sul quale con l’Amministrazione abbiamo ragionato è proprio capire come valorizzare ulteriormente le relazioni tra Milano e il resto del mondo. Da un lato stiamo cercando di fare è una ricognizione dei servizi amministrativi che hanno un impatto sui cittadini con origine straniera: dal lavoro alla formazione, dalla cultura alle pratiche burocratiche legate alla cittadinanza e ai permessi. Dove anche quando il Comune non ha una responsabilità diretta può essere un con la Prefettura, la Questura e il ministero degli Interni. Dall’altro bisogna dare forma a un organo consultivo dove le comunità possano parlarsi tra loro ed avere un costante punto di comunicazione con le istituzioni municipali e comunali. Inizieremo proprio dalle comunità presenti sul Municipio 2, che è il più multietnico della città, dopodiché questo dovrà essere replicato su scala comunale”.





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